Mi sembra più che giusto raccontare com’è venuto in mente il desiderio di tradurre alcune delle mie poesie siciliane in italiano, anche se alla base di ciò sono stato sollecitato da una mia corrispondente americana che porta il mio cognome ed è di origine siciliana. Mi ha confessato che riesce a tradurre in inglese le mie poesie scritte in italiano, ma non riesce a comprendere quelle scritte in siciliano, poiché ne ha dimenticato la parlata, appresa in tenera età dal nonno.
Durante la pandemia in atto, leggendo qua e là, ho riscontrato in Internet il seguente episodio che riguarda un noto cultore del dialetto siciliano.
«Pi’ casu Vossia è chiddu ca scrivi favuli pe’ picciiriddi?» Si sentì dire Giuseppe Pitré dal contadino che lo aveva chiamato per visitare la sua bambina in preda ad una febbre improvvisa manifestatasi durante la notte.
«No! Io sono il medico Giuseppe Pitré. L’altro che avete detto è un’altra persona. Uno che ha il mio stesso nome e cognome.» rispose, mentendo, il solerte dottore, togliendosi dalle orecchie l’auricolare dello stetoscopio con il quale aveva auscultato la bimba.