Si può parlare di poesia, senza conoscere la vita del poeta o della poetessa? L’ispirazione dei cantori ha mille / forme, come il volere degli Dei / e la piena bellezza è inesauribile, / l’oceano delle vette è sconfinato canta Holderlin nell’Inno alla Dea dell’Armonia. Come potremmo noi non seguire quel canto di quel poeta, quindi?
Sì, si può e forse si deve scrivere di poesia senza conoscere la vita del poeta. Perché quel che leggiamo è la vita stessa del poeta, non solo i fatti, ancor più la narrazione dei suoi tormenti, delle angosce e dei desideri, è la sua carne fatta parola, il suo intimo sentire che si è trasformato in versi, i suoi istanti in cui di colpo veniamo gettati quando ci avviciniamo a leggerne. Come il ritratto intimista ma non nascosto che fa Alda Merini in Vuoto d’amore con Il nostro trionfo, La Terra Santa e ancor più ne Le parole di Aronne io sono certa che nulla più soffocherà la mia rima, / il silenzio l’ho tenuto chiuso per anni nella gola / come una trappola da sacrificio, / è quindi venuto il momento di cantare / le esequie al passato.
Non abbiamo bisogno di chiavi di lettura né di interpretazioni, è lo stesso fine sentire della poetessa che ci conduce di verso in verso a lasciare che sia la poesia a contar l’emozione.
Occorre affidarsi e non semplicemente leg-gere ma accettare di camminare assieme, sco-prire l’alba, vedere cosa c’è oltre la cima della montagna, facendo placare quel vento che soffia e sbatte, leggere e leggere ancora.
E se ancora ci dovessimo chiedere, alla fine della letture di queste liriche, dove la poetessa sia, non possiamo avere dubbi, Dalla mia parte ci arrivi con l’amore / piccola zattera vaga, senza più remi e vela, / che affonda nell’oceano / e non la vedi più.