La scrittura di questo libro si compone di tre sezioni: Miti d’infanzia, Visioni di terra e Narice Radice, per una parola poetica volta a scavare filamenti sotterranei innestati a rivela-zioni olfattive, a sensazioni rizomatose che sconfinano nel racconto fantastico, nel bisogno di dare forma a una memoria evocativa che dall’infanzia (prima sezione della raccolta) giunge a toccare il presente per collocarlo in spazi vergini e pluviali, necessari al rigoglio di ciò che germoglia o marcisce per rinascere allo stupore della scoperta, alla percezione viva di archetipi da catturare nel puro immaginario.
La poesia è radice d’uomo ma l’uomo nel vivere può avvertire di non avere radici.
Visioni di terra appartiene al viaggio, raccoglie alcune liriche scritte sul Gargano, luogo in cui la natura serra intatto il mistero poetico. Rappresentano il senso mobile del comporre, molti testi della sezione sono stati scritti osservando dal finestrino di una corrie-ra, di un treno, in ore di viaggio verso una terra sentita e amata nel cuore come esilio. Vi passa il tocco e il conforto del pennino della stilogra-fica, il graffio sulla carta a segnare il ritmo dei versi, la musica mentale della parola.
L’ultima sezione raccoglie liriche di sintesi statica, chiarisce ciò che in quanto radice sedimenta memoria, marca il potere dell’olfatto, il più antico, primitivo, ancestrale, consegnato alla creatura uomo, il senso di un sigillo emotivo impresso in leggerezza. Non potrebbe essere altrimenti, ineffabile la natura della poesia, Eros di desiderio e creazione, bussola per uno sguardo che nell’immaginare dev’essere seme.
Narice Radice. Le due parole, uguali nel conto delle sillabe, formano la figura retorica di una particolare paronomasia al servizio di due condotti biunivoci, nel momento in cui ciò che percepisce la narice sedimenta una radice, ciò che la radice assorbe si trasforma in polmone nutrito di fragranze che olezzano tra i versi. Radice per sentire una terra che è madre, narice per esserne amante.
Lina Maria Ugolini