Già fin dal titolo “Luna d’autunno”, s’intuisce l’atmosfera che si respira tra i versi della giovane poetessa peruviana Fátima Rocío Peralta García.
La luna, lì sospesa proprio in mezzo all’universo del mistero umano, sempre così tanto amata e cantata dai poeti, e da questi sempre vista come interlocutrice privilegiata, rappresenta la meta agognata e mai raggiunta, il desiderio più alto e più lontano ove trovare risposte alle tante domande disattese, e allo stesso tempo è rifugio delle inquietudini dell’animo umano. Bisogna alzar lo sguardo verso l’alto per mirar la luna, e già questo è segno d’una affannosa ricerca di sublimazione d’una realtà terrena nei cui meandri il pensiero si smarrisce e s’inquieta.
L’autunno è la stagione che segue alle follie dell’estate, può essere un momento di pausa per la riflessione, con la pioggia che già discende sulla terra simile a lavacro e le prime foglie cadute sull’asfalto che qualche forte folata di vento fa danzar nell’aria, quasi donando in quell’istante vita alla morte. L’aria, in questo periodo dell’anno è grigia, spinge al raccoglimento, all’elaborazione mentale dell’essenza della vita.
E in questa raccolta poetica è un vero pregio che una così forte sintesi giunga a compimento con una dolce e sensibile pacatezza. Le parole che s’intrecciano nei versi sono sussurri e proprio per questo più facilmente pervengono ad una rapida comprensione, giacché è proprio nella distensione dell’animo che meglio s’ascoltano le voci del silenzio, quel silenzio che tanti segreti apre all’ispirazione del poeta.
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