L’Incarico definitivo. È questo il titolo di un insolito thriller psicologico nel quale l’“Io narrante” viene ironicamente (e consapevolmente) occultato nel personaggio di Valerio. Già all’inizio del racconto l’autore rivela come soltanto l’intervento del suo editore lo abbia dissuaso dallo scrivere in prima persona. In effetti la storia non è concepita con il classico distacco che di solito si osserva in questo genere narrativo, dove i personaggi, coinvolti in situazioni emotiva-mente inquietanti, sono come guardati dall’alto e consegnati ad una sorta di vita propria. Qui invece l’autore appare del tutto consapevole di avere costruito un intreccio che lo tocca nel profondo e che gli appartiene visceralmente.
La tecnica narrativa procede a cerchi concentrici e il protagonista dipana la sua trama esistenziale con resoconti oscillanti, che si spostano dalle memorie recenti a quelle più remote, come in una seduta psicanalitica, dove le dimensioni spazio temporali appaiono alterate e immerse in un clima derealizzato e onirico.