Le persone ricche di originalità, con la loro fuga da una realtà troppo spesso – per loro – alienante, dimentichi della propria vita, per mera necessità sperimentano nel loro slancio di libertà la propria irripetibile verità soggettiva e, attraverso la loro arte, creano mondi nuovi, imprimendo così un chiaro suggello al loro tempo.
Lo stupore e la commozione costituiscono le fonti del loro anelito spirituale, gli elementi che suscitano i loro lucidi rapimenti.
Avvicinarsi, pertanto, in questo modo alle opere di Dora Pejačević, infonder loro una dimensione nuova con la propria interpretazione, eternandone il mondo poetico, non è soltanto, quindi, la risposta a un riflesso, quanto piuttosto un dire sì alla passione, vista come il fortissimo anelito alla bellezza che ha spinto l’autrice a compiere questo salto estatico dal mondo delle note a quello delle liriche.
Immergersi in una simile avventura creatrice costituisce il segno inequivocabile della libertà e della versatilità dell’animo umano, che non rimane mai immobile, bensì cerca “ciò che non si vede”, dal momento che “l’uomo è l’essere degli spazi infiniti” (oppure: l’uomo è l’essere “che va oltre”).
Nella sua introduzione al Secondo manifesto del movimento surrealista, Andrè Breton sostiene che la rosa, ovvero il fiore inte-so come motivo poetico, possiede un suo significato denotativo e connotativo intimamente connesso alla capacità di associatività che è propria della poesia.
Nell’ambito del ciclo floreale, nelle poesie di Ivana Marija Vidović, i fiori – il bucaneve, la violetta, il mughetto, il mysotis – rappresentano sì gli archetipi di una sublime bellezza, ma assurgono anche a simboli che disegnano persone, sensazioni, fenomeni e moti dell’animo.
L’impressione e il simbolo floreale, in queste liriche, diventano una cosa sola, dando vita ad una semantostruttura che rimanda all’ambivalenza del fiore inteso come simbolo nel repertorio artistico di Ivana Marija.
Il bucaneve è fragile, delicato, ma allo stesso tempo rappresen-ta l’indistruttibile scintilla di vita che sfolgora agli alberi della primavera sotto il manto ghiacciato sciolto, ormai, “dalle acque primaverili”. Caratteristica peculiare della poesia è l’unione di suono e significato, sicchè le parole, nella poesia, con il loro suono, evocano anche ciò che non esprimono dal punto di vista del significato, cosa che è particolarmene evidente nella lirica di Ivana M.Vidović :
La violetta: «Violetta, bambinella dolcissima… Violetta, violetta violetta, bambolina graziosa, in te, ogni volta nuove, nascono… si palesano, tutte le sequenze mozartiane.»
Questi versi, così come quelli delle altre poesie:
(Quieta come la morte / bella come un campo) non sono solamente il sottofondo sonoro, bensì costituiscono la stessa fonostruttura della poesia, un arabesco sonoro, una specie di musica dai mille colori che riesce a fondersi magicamente con gli schizzi poetici coi quali si trova in legame sinestetico – associativo.
Il verso di Verlaine, tratto dalla lirica: L’arte della poesia:
«Vi sia, sempre e ovunque, musica» illustra al meglio la compe-netrazione, l’inscindibile fusione dei versi poetici di Ivana Marija Vidović coi toni tratti dal ciclo per pianoforte La vita dei fiori di Dora Pejačević.
Con quest’opera unica nel suo genere, l’autrice ha saputo esaltare in massimo grado la qualità della musica di Dora Pejačević, riuscendo ad infonderle la dimensione di valore supremo, che alla vita e alle opere dell’una e dell’altra imprime l’imperituro riflesso dell’eternità.
Ana Dalmatin
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