Gli amori che io racconto, sono “amori” che hanno una breve vita, ma non per questo sono meno intensi o meno importanti.
Sono gli amori che nemmeno il tempo avrà mai il “tempo” di logorare la magia che li ha fatti nascere e sono “amori” che sopravvivono ai fatti della quotidianità sol per dare la certezza di alimentare il fuoco che nelle fredde sere dell’anima potrà riportare la stessa la gioia che un “tempo” colorò il cuore.
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Quando si parla di vicende amorose, la nostra mente rievoca in maniera assoluta i grandi drammi di amore senza fine e la nostra fantasia si colora di fantasmi talvolta diafani, talvolta profondamente erotici, di personaggi che poeti, scrittori ed artisti di tutti i tempi hanno saputo creare.
Ed è così che le figure di Beatrice, di dantesca memoria e quella di Laura, amata dal Petrarca o di Fiammetta amante del Boccaccio, prendono consistenza nella nostra fantasia insieme alle vicende rosa più recenti di Liala o delle nostre canzoni sentimentalmente struggenti oppure dei grandi drammi del passato in cui nemmeno la morte riesce a sedare l’intimo ed eterno contatto tra due esseri innamorati.
Tutto questo non emerge nelle poesie di questo volumetto di Vera Ambra, dove prendono consistenza quelle vicende amorose improvvise, intensamente vissute nello spazio del loro realizzarsi e che rimangono nascoste, anzi dimenticate, sotto la coltre della polvere accumulata dal vento della vita.
Sono queste vicende delle vere meteore che l’infinito accoglie nel loro intimo profondo e ricordare la loro luce eclatante non manifesta nostalgia, ma profuso godimento contemplativo di gioie vissute senza remore, senza rimpianti e senza speranze del loro ripetersi e che restano, comunque, perennemente presenti.
E’ la descrizione dell’amore “mordi e fuggi”, da lasciare sopito nell’animo e da farlo riapparire a tratti per gli attimi di piacere intensamente vissuti. in un alone di atarassia completa.
Ed è così che “Non c’è nulla del mio passato che non sia presente” oppure che “Le tempeste passano Poi ritorna il sereno” poiché “la Voce di mondi lontani sono “labbra di melodia” e l’amore è quello del “Marinaio dei Venti …“ “mentre con le briciole di noia mi sazio al profumo delle arance e aspetto che la poesia mi rivesta il cuore.”
Immagini, queste, che è possibile riscontrare nel libro, insieme ad altre, che rilevano metaforicamente Il valore di esperienze avvenute quasi per caso e che restano comunque piacevolmente presenti nel ricordo, sotto la coltre della polvere rimossa dal vento.
Lo stile è sempre quello ispirato all’ermetismo poetico, privo di punteggiatura, che illustra immagini evocative ampiamente significative, nonostante le astrazioni metafisiche che in ogni caso non debordano nel concettoso ed anzi arricchiscono i versi di fantasia allegorica.
Pippo Nasca