Il fuoco e la luna è una raccolta organica di poesie nelle quali le ragioni della natura e quelle del cuore si uniscono all’impegno per costruire una società migliore. L’autore suggerisce una chiave di lettura articolando il libro in tre sezioni: passione, cuore, lotta.
Nella prima sezione, la passione d’amore diviene un pretesto per parlare di libertà. Nel rapporto d’amore l’uomo scopre la propria essenza e osserva che persino una goccia d’acqua ha in sé l’intero universo. Un uomo innamorato è un uomo libero e forte: «Ora posso lottare contro mille eserciti / posso vivere mille battaglie / percorrere le piste più ostili / e vincere anche contro me stesso».
Le poesie di Lillo Alaimo ci parlano dell’amore coniugale, che si trasforma nel tempo, ma anche della passione furtiva degli amanti e di sguardi silenziosi che non possono dichiarare ciò che sanno. Ci parlano dell’amore corrisposto e di quello negato, come nella tradizione elegiaca, dalla quale l’autore trae il topos del Paraclausithyron. Così accade in Pensami se puoi, in cui si descrive la sofferenza di un amante che immagina l’amata tra le braccia del compagno legittimo. C’è anche il «sovrappiù dell’amore», che si prova verso un figlio, e persino l’amore platonico. Ciò che già in questa prima sezione non manca e che caratterizza lo stile di Lillo Alaimo è soprattutto l’impegno politico, «l’impegno dei comitati», elencato insieme agli altri segni della passione amorosa in Cosa sarà, se.
La seconda sezione è dedicata al cuore e si apre con una preghiera alla madre. Seguono testi dai quali emerge soprat-tutto l’anima razionale dell’autore e il ripiegamento specula-tivo. In Le forme dell’anima l’uomo si scopre «un involucro di cellule muscoli e umori». La sua essenza è in gabbia, perché deve fare i conti con i vincoli della materialità. Se ci si concentra sull’essenza, le corse e gli impegni della vita diven-gono «delirio» che tenta di ingannare la propria finitezza. L’autore esamina i temi eterni dell’umano: in Emblema i cicli della natura si contrappongono al tempo lineare dell’uomo. La vita appare simile a un sogno e, paradossalmente, è quando ci si sveglia che si comincia a dormire: «lo stridulo suono di un oggetto banale / mi ricorda che è giorno / sono uscito dal sonno / ora posso dormire».
Basterebbero questi temi per mostrare quanta sensibilità letteraria è sottesa alla stesura di questi versi. L’autore, è evidente, pur non essendo un letterato di professione, si è imbe-vuto di letture importanti: Properzio, Seneca, D’Annunzio, Pascoli, ma soprattutto i poeti e gli scrittori dell’impegno, dal Carlo Levi di Le parole sono pietre, al quale si allude in Le parole non dette, al Quasimodo di Uomo del mio tempo, al quale sembrano alludere i versi de La festa: «A cosa è servito / l’avere tramutato l’acqua in vino / se ora il vino è diventato sangue / e l’orrore ha trasformato in tragedia / la festa di Cana». L’eco delle nozze di Cana velata dalla consapevolezza del tradimento e del sacrificio cristico ricordano anche la rivolta sanguigna dei versi di Buttitta e di Pasolini.
Nella terza sezione, dedicata al tema della lotta, l’impegno sociale diviene esplicito e preponderante. Ricorre spesso la parola «libertà», che costituisce un dovere impegnativo, la terza via per superare il dualismo di chi si accontenta di scegliere tra essere pupo o puparo: «toglierai la coppola o metterai la coppola». L’autore grida il suo j’accuse contro un mondo globalizzato disumanizzante «dove solo la disperazione è comune» e i singoli si ritrovano distanti. Il lamento di «ottocento milioni di stomaci» giunge come «uno strano fruscio» e diviene ambiguo oggetto di interessi per «scrivani e parolai». Il terrorismo internazionale è una «folle richiesta di comunicare nel lucido proposito di concorrere agli equilibri malsani del potere».
In alcuni casi, le poesie non nascondono l’occasione compositiva e riportano anche una data, come 19/03/2003 – Ultimatum (all’Irak), in cui l’autore osserva dall’alto le macerie della guerra, oppure Primo maggio 2021, che è un inno alla fratellanza in nome della quale spezzare le catene dell’ingiustizia. L’autore sembra invitare a vivere una vita autentica, nel nome della libertà, invece di riempirsi la mente di «pensieri già pensati».
Angelo Campanella