Forse sarà la luna, o forse le stelle
Che mi impediscono di fare ciò che voglio –
Cose nobili, virtuose, sublimi e vere
Allo spirito innato, che nessuna cosa aliena disaccorda.
Ma adesso mi pare di stare dietro alle sbarre
O d’essere tutto legato, come uno preso
E imbavagliato dai lillipuziani, vittima d’illegale detenzione.
Piuttosto benedico le mie strane incarnazioni.
Non so perché io mi senta un prigioniero, –
Dei poteri maligni o di piccoli folletti,
Non ha importanza, – oggi non posso fare nulla
Che abbia valore. Ha piovuto tutto il mattino.
Mi dicono gli amici che sono “depresso”. Il tempo,
riluttante zoppica.
Io maledico i giovani pagliacci, i vecchi boriosi.
Arriverà il loro momento!
Ascoltarlo non era la stessa cosa che leggerlo.
Lo conobbi un lontano giorno di moltissimi anni fa.Si trovava in Sicilia, e precisamente a Ramacca. Era venuto a ritirare un premio letterario.
Eravamo a casa di amici che avevano organizzato una serata dedicata ai poeti ed io ero stata invitata. Conoscevo Peter. Eravamo “amici di penna”. E non mi sembrava vero poterlo guardare dal vivo.
Seduta all’aperto in quella casa di campagna, seguivo un fil di fumo attraverso l’intenso odore che emanava una nazionale senza filtro posta tra l’indice e il medio. Le lunghe dita della mano bianchissima era di Peter Russell. Non osavo credere ai miei occhi. Da cinque anni inseguivo l’idea che un giorno o un altro mi sarei decisa di andarlo a trovare nella sua casina di Pian di Scò in Toscana. Invece un caso fortuito ci ha fatto incontrare a pochi chilometri da casa mia.
Assieme ad altri poeti quell’estate per la seconda edizione de “La notte della poesia” non mi sarei aspettata mai che una piccola manifestazione “nostrana” si potesse illuminare con una luce di rara bellezza.
Quel pomeriggio mi trovavo a casa di Enzo Salsetta e Nunzio Pino in compagnia di Giovanna Falsone e altri poeti venuti da Caltanissetta ed io fui subito catturata dagli splendidi occhi azzurri di Peter.
Ci sono occhi che fanno dimenticare certe rughe imperterrite che osano ricamare il viso delle persone. Ma erano proprio quelle rughe la testimonianza vivente d’una vita interamente vissuta nella ricerca della poesia e dell’amore che questa passione negli anni bui della sua esistenza gli ha fatto superare ogni barriera e ogni ostacolo.
Egli parlava ed io mi limitavo soltanto ad ascoltarlo. Il suo volto sereno e sorridente aveva la stessa luce di un bambino a cui è stato appena dato in mano il giocattolo che tanto desiderava. Avevo tante cose da domandargli ma il tempo era troppo breve per approfondire gli anni che lo avevano separato da Bristol, la sua città natale .
A brevi tratti mi accennò alla sua vita militare, iniziata durante la seconda guerra mondiale dov’egli aveva combattuto per l’esercito britannico in Europa e per l’esercito indiano in Birmania e in Malesia contro i giapponesi, ma la sua esistenza s’era divisa in diversi Paesi del mondo. Dalla Malesia, Berlino, Venezia, Teheran, Canadà, una volta finito il conflitto mondiale, per approdò definitivamente in Italia.
Eppure debbo confessare che ascoltarlo non era la stessa cosa che leggerlo. La sua voce aveva qualcosa che catturava in profondità. Difatti in quella notte, dove la luna non splendeva, per pudore tutte le stelle si erano spente per far in modo che una sola luce potesse illuminare quell’universo dove non era più la poesia che egli aveva vergato sulle pagine e che la sua bocca ora pronunciava.
Quelle poche parole dette racchiudevano l’essenza di tutto ciò che per lui ha significato l’approfondimento; di tutto ciò che per lui avea valso la fatica di apprendere.
La sua voce, rotta da autentica commozione, trasferiva nei cuori dei presenti, la cadenza ritmata di ogni singola emozione e dava l’esatta misura per cui valesse la gioia di vivere.
Peter Russell fu legato da una profonda amicizia a Ezra Pound ed egli stesso s’impegnò per anni per farlo dimettere dal manicomio, in cui fu rinchiuso dopo la seconda guerra mondiale, ma da allora egli tenne corrispondenza con i più grandi letterati del novecento tra i quali anche Eliot, di cui era amico intimo. Aveva pur svolto attività d’insegnamento a contratto presso alcune università americane e canadesi e presso le Università di Venezia e Firenze.
Russell cominciò a pubblicare le prime poesie su riviste nel 1939. Nel 1944 apparve il suo primo libro. Sono circa una trentina i libri di poesie, qualche opera in prosa, centinaia di articoli, traduzioni da più lingue, qualche monografia, e molti saggi e articoli sulle sue opere.
Tenne spesso conferenze e letture di poesie alla radio in Inghilterra, Stati Uniti, Francia, Germania, Iugoslavia, Iran e Italia, sempre nella lingua del luogo. Purtroppo, nonostante tutto ciò, Russell, che al tempo av eva settantott’anni, per sopravvivere era costretto a dare lezioni private e ripetizioni, dato che le attività letterarie rendono poco o niente. Questo perché Russell da oltre cinquant’anni aveva deciso di essere poeta a tempo pieno, con tutti i rischi e le difficoltà che comporta una scelta così controcorrente.
Scriveva e stampava «MARGINALIA» una rivista che, per sua stessa ammissione, era un tentativo di comunicare qualche entusiasmo, qualche senso della poesia a chicchessia godesse della poesia. Si trattava di una rivista monoautore e nasceva dal sentimento di frustrazione e di impazienza nei confronti del mondo letterario “ufficiale”.
Pubblicando le sue poesie su «Marginalia» aveva l’opportunità di avere un contatto con i propri lettori che altri autori non hanno avuto, magari avendo platee più ampie, ma forse meno reali.
La rivistausciva in due lingue: inglese per i numeri dispari e italiano per i numeri pari, il materiale era sempre diverso; Russell spediva gratis il giornale a chiunque ne facesse. Egli accettava le donazioni ma non come pagamento per la rivista.
Quando nacque il progetto di «Marginalia» Peter Russell aveva in mente di saccheggiare i suoi archivi che nel corso degli anni si erano accumulati e comprendevano poesie, appunti, traduzioni, fotografie, corrispondenze con autori più o meno famosi in una ventina di lingue (tra cui Pound, Quasimodo, Montale, Eliot, Ungaretti). Purtroppo la notte del 7 marzo 1990 quest’archivio fu distrutto da un incendio che danneggiò parte della casa e anche un patrimonio culturale che aveva interessato studiosi di tutto il mondo e che purtroppo si sono mossi con colpevole ritardo.
Furono distrutti 5.000 libri, fra cui mille volumi rarissimi stampati in Russia tra il ‘700 e l”800; 500 quaderni di memorie, saggi, manoscritti che un’Università americana aveva deciso di acquistare per 500.000 dollari. Eppure il poeta non si è perso d’animo, ha continuato a comporre la rivista, frugando nella memoria e componendo nuove opere.
Nell’agosto 1990 venne anche invitato al “Maurizio Costanzo Show”, dove riuscì a comunicare al pubblico la sua grande forza spirituale e ottenne l’attenzione dell’editore Carlo Mancosu che ha pubblicato l’opera poetica Teorie e altre liriche.
Nel 1992 una nuova sventura, le piogge allagarono la sua casa, mettendo fuori uso elettricità, telefono e riscaldamento. Altri libri sono stati persi irrimediabilmente. Nemmeno stavolta Peter Russell si è arreso e continuò a comporre la sua rivista, pensando a nuovi progetti.
Viveva in un vecchio mulino in provincia di Arezzo, quasi ignoto al pubblico persino in Inghilterra, dov’era considerato, dai migliori critici come Robert Nye del «Times» di Londra, uno dei maggiori poeti anglosassoni moderni. Un grande poeta senza dubbio, ma soprattutto una memoria artistica, storica e culturale di enorme entità, un uomo che rappresentava un patrimonio inestimabile e che continuava a rimanere sconosciuto (Franco Loi e Roberto Sanesi se ne sono occupati, purtroppo non ottenendo alcuna eco).
Il 22 gennaio del 2003 nella Casa di Riposo di Castelfranco Peter Russell, lascia la vita terrena morì il poeta inglese considerato dalla critica uno dei più grandi poeti inglesi del secolo scorso. Dal 1983 viveva nel paese valdarnese, al quale nel momento della sua morte donò l’intero patrimonio librario, di lettere e documenti.
Vera Ambra