Odio la poesia!
Non ho mai coscientemente voluto “ascoltare” i vagiti intimistici dei poeti. Poi lessi “Autonomia ed eteronomia dell’arte” di Luciano Anceschi che mi guidò nelle sue ultime lezioni universitarie tenute, nei primi anni ottanta, nell’Ateneo di Bologna.
Con la sua guida riuscii a comprendere il fascino delle “Poetiche del Novecento”.
Con lui mi appassionai addirittura alla fredda, industriale poetica del Futurismo, a quella poetica che mi avevano insegnato essere di matrice culturale fascista e per questo da disprezzare, in una Bologna da sempre “rossa”.
Fu un lampo che di reazionario non aveva nulla ma che mi permise di cogliere alcuni elementi della Fenomenologia che avevo sottovalutato con superba ignoranza. Il fatto di cogliere quegli aspetti di analisi metodologica della fenomenologia applicata all’arte mi convinse ad analizzare la “settima arte” da quell’affascinante punto di vista che mi permetteva di valutare il cinema in modo molto più profondamente culturale.
Il cinema, la musica, la tv, l’arte figurativa della “grande mela” di Andy Warhol o di Basquiat, la letteratura “hard boiled”, la fantascienza e tutto ciò che è stato considerato di serie “B” ma che ha caratterizzato il secolo scorso, mi hanno afferrato per il bavero e mi hanno obbligato a sognare un mondo migliore, anche al di fuori dal sessantotto.
Poi il nulla …fino a quando Fabio mi ha inviato le sue poesie e mi ha chiesto di dargli un parere. Io niente, testardo, continuavo a ripetergli che la Poesia non mi piace! Ma lui niente, “capa tosta” come si dice dalle sue parti, ha continuato ad insistere fino a quando non mi ha “ordinato” di scrivere queste righe. Allora mi sono “tuffato” e la sorpresa è stata grande nel cogliere la realtà di Fabio grondante di emozioni, sentimenti, di flash, di flashback, di viaggi, di musica, di sesso, di amore, di depressione, di sport. È mai possibile che un ragazzo giovane riesca ancora ha trovare una passione nello scrivere pur essendo profondamente immerso in una sua personale realtà e che riesca a coglierne gli aspetti più visionari ed, al tempo stesso, veristici? Non c’è che dire: in questa realtà nauseabonda dove le distinzioni fanno eccezione e tutto si amalgama in una noiosa fretta, la sua poesia mi ha colpito! D’un tratto mi sono sentito come «un uomo futile, un uomo forte, un uomo cattolico, convinto fervente, un uomo piccolo, un uomo gonfio e politico, un uomo sporco poliziotto, un uomo fermo al ‘68, un uomo fermo e basta!». Un uomo che per aiutare l’umanità dalle terribili conseguenze del cataclisma che ci ha inorridito solo pochi giorni fa, ha deciso di inviare 2 SMS ai due gestori dei suoi due cellulari! Che bella realtà!
Eduardo De Filippo scrisse una commedia dal titolo «Chi è cchiù felice ‘e me» ed io me lo ripeto continuamente, fino a scoprire che è vero ma che è sempre più difficile ammetterlo.
“La comprensione è un’utopia come l’anarchia!”
Comprendere è soffrire e soffrire è vivere. Marco Lodoli su La Repubblica scriveva che i vandalismi, i suicidi e gli omicidi degli adolescenti non rappresentano altro che la nostra testardaggine nel far vivere ai nostri figli una vita priva di sofferenza, avvolta in un benessere consumistico che vuole celare la nostra paura della “comprensione”, il nostro “male di vivere”, come si usava ripetere, ormai, un secolo fa.
“scambiarsi un attimo”
Cosa avrei dato per riuscire nella mia vita a condividere un’emozione per poi scoprire che è impossibile. Eppure forse l’importante è stato scambiarsi un attimo perché la ricerca di se stessi è comprensione. E poi gridare piano contro se stessi. Perché la depressione è sempre lì in agguato che ci vuole rapire per motivi futili, inesistenti, vacui. Notte difficile la mia, è arduo tentare di condensare in poche righe la forza della poesia di Fabio.
Spesso è il ritmo che mi avvince: un ritmo serrato, quasi cinematografico che non ti lascia respirare, che anche un semplice “pensiero numero 12” riesce a trascinarti nei meandri del viaggio, del sesso, dell’amore. Parole sussurrate, non urlate che, proprio per la loro profondità, riescono ad avere una forza che esplode nel frastuono, nel clangore assordante.
Ecco l’impulso è proprio quello di urlare: “oggi solo ricordi perché il mondo ha fatto un solo boccone dei tuoi sogni”. Perché torniamo “alla vita di sempre di ogni giorno” anche se “quando si vive per un sogno il sogno è vivo” ma purtroppo, troppo spesso, non si ha “il coraggio di sbagliare gli ultimi due tiri liberi”. Ecco Fabio ha il coraggio di sbagliare gli ultimi due tiri liberi! È la ragione che sprigiona in questa sua forza espressiva quando, se ci guardiamo attorno, non riusciamo più a scorgere nella vita di tutti i giorni, ammorbata dal carattere massificante e ingordo della televisione, quegli elementi fondamentali che fanno di ogni essere vivente un unicum.
“amico ritorna amico mi manchi”
Fabio mi mancavi, ma ora non mi manchi più!
Il viaggio che hai intrapreso mi permette di colmare la mia mancanza, il viaggio con mio padre che sogno assieme a te in modo struggente e che mi fa comprendere meglio il dolore, la sofferenza e l’amore. “pensi di conoscere una persona”, “sei solo”, “perché devono compatirti?”, “se invece niente sesso c’è tuo padre nel letto ed è morto questo succede una volta sola ciao”.
E questo viaggio è profondamente pervaso dal mondo che ci circonda, dalla realtà che siamo riusciti a costruire: la poesia di Fabio è un fenomeno reale che ci costringe a trattenere il respiro, ci costringe a sognare, ci costringe a comprende, ci costringe ad amare.
Evaristo Lodi