Può un manager dal solo dato dell’aumento della produttività o delle vendite concludere che la propria azienda è sana?
E poi: In un mondo di squilibri sociali, di massificazione ideologica e culturale, in questa pericolosa mostruosità di appiattimento di pensiero e fantasia, mi sono chiesto, come altri sicuramente si chiedono, “qual è il ruolo della poesia?”
Nella Magna Grecia Platone riteneva che l’arte in generale fosse un gioco, infatti non produce danni, né ha alcuna utilità pratica; ma criticò duramente i poeti perché, a suo dire, manipolatori della realtà, falsi e bugiardi.
Per Aristotele l’arte, come il gioco, pur non essendo praticamente utile né necessaria come il lavoro, è essenziale alla vita, come la felicità.
Oggi invece, qualcuno ritiene che il compito della poesia sia quello di rimediare ai guasti che sono stati arrecati dalle tante pseudo-scienze, che hanno frantumato tante certezze condivise senza sostituirvi nulla.
Josif Brodskij, premio nobel per la poesia, all’intervistatore che gli chiedeva perché i poeti sono poco letti ha risposto: “I lettori di poesia rappresentano l’1% e questo dato è immutato da sempre o quasi…”.
All’ulteriore domanda classica: Cos’è la poesia? – Brodskij ha risposto: “La poesia è come un treno che scorre sulle rotaie, ma sono sconosciute sia la provenienza che la destinazione; ad ogni epoca però, i poeti vi aggiungono un vagone.”
Allora, mi chiedo ancora: Un viaggiatore che prende il treno di cui parla Brodskij e sale su un vagone qualsiasi, si troverà immerso in un mondo a lui estraneo, vuoi per l’ambiguità della poesia, vuoi per la polisemia del suo linguaggio utopico e visionario, vuoi per la forza immaginifica, o per qualcos’altro ancora, ma che lo coglierà impreparato e lo costringerà a scendere giù.
La verità è che oggi viviamo in un mondo nel quale sembra esservi posto solo per il dialogo tecnico, gergale, di codice asservito ad una società consumistica ed aberrante dove tutto viene misurato col metro della convenienza personale, dell’intolleranza, dell’esasperazione politica, civile, religiosa, sessuale.
Viviamo in un mondo dove il pensiero che calcola soverchia di gran lunga il pensiero che medita e si confonde la civiltà con la tecnologia; una società pur avanzata tecnologica-mente, infatti, può essere barbara nell’ideologia e nei comportamenti e la storia, da sempre sino ai nostri giorni, ci fornisce inequivocabili testimonianze.
Ritengo che la poesia ha bisogno di essere conosciuta e divulgata, proprio oggi, in un tempo che scorre travolgente.
Ancora Josif Brodskij sostiene che la poesia è un acceleratore della memoria e una rinnovatrice continua dell’originale atto creativo del linguaggio; quindi, un formidabile strumento didattico che costa pochissimo, quasi niente.
Il poeta, inoltre, ha un potere sul lettore, perché è capace di spostare continuamente la soglia della sua conoscenza e trasformarlo in un pianeta che naviga nell’universo con cui si deve confrontare e si rivela, attimo dopo attimo, nel tempo che continua a fendere il cuore, per dirla con Vladimir Zybin, poeta russo.
Nel poeta vi è uguale tensione verso una naturale semplicità; vi è la ricerca quasi tormentosa del vivere giusto, a trascendere lo spazio e il tempo e tutto ciò senza smarrire la sincerità per guardare negli occhi della vicina e lontana verità.
La poesia non è un bel frammento da ammirare, ma un mondo singolare racchiuso in una rima, forse anche in una sola parola rivolta all’umanità.
Il lettore non frettoloso leggerà quella parola che gli rivelerà un mondo infinito;
una parola che è diversa nei significati da quella usata nella comunicazione quotidiana o dalla pubblicità.
I creativi pubblicitari utilizzano con irriverenza modi e linguaggi della letteratura, concorrendo a deprivarla di ogni aura e a degradarla a puro serbatoio di materiale da costruzione di spot.
Ritorno, allora, alla mia prima domanda: Può un manager concludere dal solo dato dell’aumento della produttività, che la propria azienda è sana?
Lascio la risposta a Gianni Rodari che è stato docente delle elementari, poi giornalista, infine solo scrittore per l’infanzia ed autore del libro “La grammatica della fantasia”.
In tutti i suoi interventi scritti, nelle interviste, negli incontri che aveva con docenti e con gli alunni ha molto insistito perché i bambini fossero non solo fruitori, ma anche produttori di cultura.
Sosteneva che le fiabe servono alla matematica come la matematica serve alle fiabe. Esse servono alla fantasia, alla musica, all’utopia, all’impegno politico; insomma all’uomo intero.
Tutto si lega e ripeteva che occorre una grande fantasia, una forte immaginazione per essere un grande scienziato, per immaginare cose che non esistono ancora, per immaginare un mondo migliore di quello in cui viviamo e mettersi a lavorare per costruirlo.
Adriano Peritore