In “Racconti di parallela quotidianità”, storie dall’equidistante mondo dei sentimenti, Laura Rapicavoli ci immette in ben nove vicende, nell’ambito di una “illusoria illusione” (se così possiamo definirla). Ad una prima analisi del testo, sembrerebbe che il concetto legato al contenuto si affidi a quella “finzione” di pirandelliana memoria. Ma, in effetti, così non è.
Se si pensa “che nulla è come appare e ciò che appare non è”, in virtù del fatto che tutto ciò vediamo viene filtrato dallo specchio deformante della nostra coscienza, nella narrativa della Rapicavoli tale pensiero risulta essere un po’ aleatorio.
Nelle sue vicende, infatti, se nulla è come sembra è perché l’autrice, attraverso le pagine del suo libro, presenta una realtà quotidiana vista e interpretata sotto diverse angolazioni. Il fine è quello di raggiungerne una parallela (realtà) che possa essere salvifica e redimere i personaggi da uno stato di inadeguatezza e di situazioni difficili.
Ne emerge una lettura della realtà a più stratificazioni, ossia “plurima”, non univoca, in cui un fenomeno è visto sotto diverse prospettive.
Nella sua fatica, l’autrice instaura una importante relazione per stabilire una posizione intermedia tra parti contrapposte. Le storie da lei narrate hanno come peculiarità il mettere “l’uguale distanza” (equidistanza) con il mondo delle relazioni affettive, quasi a voler mantenere una sorta di equilibrio tra le vicende di storia vissuta (di parallela quotidianità) ed i sentimenti. L’obiettivo è quello di garantire un’ illusione quanto più “realistica” possibile, piuttosto che una “fittizia”. Una sorta di piacevole, sensuale, contorta contraddizione che regala “l’illusoria illusione”.
Dallo stile di Laura Rapicavoli emergono tre elementi fondamentali: quello inerente l’aspetto cognitivo ed intuitivo, secondo il quale nel racconto tutto sembra seguire un ordine garantito dalla razionalità; ma questo ordine si sgretolerà per seguire l’intuito dello scrittore; quello legato alla dinamica emozionale (affettivo-erotica) e di relazione ed infine quello spirituale che si incentra sulla ricerca dei valori.
Desiderando paragonare il lavoro dell’autrice ad una corrente artistica, mi piacerebbe accostare il componimento al Cubismo. Picasso portò la dinamica dei punti di vista alle estreme conseguenze. Nei suoi quadri, le immagini si compongono di frammenti di realtà visti tutti da prospettive differenti, in una miscellanea che gode di originalità. Dalla frammentazione si ha una rappresentazione totale dell’oggetto, così come avviene nel lavoro della Rapicavoli.
Aggiungerei poi: “A ognuno il suo”. Perché il lettore è libero di interpretare, di decidere anche sulla sorte dei suoi personaggi in un vortice che ruota attorno all’universo dei sentimenti e ai legami che si instaurano anche tra le persone e le cose. Da parte dell’autrice, vi è una sfida, ironica e sarcastica, un gioco rivolto al suo lettore.
Riguardo ai personaggi sono avidi d’amore, di cambiamento, fragili dinnanzi alle scelte di vita. Però, in questa parallela quotidianità, dove ad emergere è anche la relatività del tempo, aleggia la speranza ed il bisogno di provare sentimenti. Storie diverse ma con un unico denominatore: l’affettività. Nel circuito della “illusoria illusione” ecco emergere delle realtà che mostrano tutta l’inquietudine delle avventure dell’esistenza di ogni uomo.
I protagonisti delle vicende narrate dalla Rapicavoli accettano la sfida delle situazioni difficili, quelle che solo nei sogni possono in qualche modo mutare, ma che nella vita reale spesso hanno un epilogo difficile se non drastico. E quindi, nel processo narrativo, vi è una verità che mette a nudo, senza bisogno di avvalersi di “quelle maschere” indossate per impersonare un ruolo richiesto dalla società. In tal caso, è la società stessa ad incarnarsi – testimone dei tempi odierni – in coloro che sono personaggi sì, ma che godono di una propria individualità.
La particolarità dei racconti sta nei personaggi – anonimi rappresentanti dell’umanità – che sfuggono dal loro mondo reale del momento per rifugiarsi in “innocenti divagazioni”, non sogni “dentro altri sogni” ma inseriti nell’ambito di altre stratificazioni della realtà. Da ciò ecco emergere le fragilità umane: le ferite laceranti dell’animo (causate da un abuso subito tra le mura domestiche); la paura di una responsabilità troppo grande (tema della gravidanza), l’Arkè (la scelta e l’inizio attraverso una nuova consapevolezza), l’accettazione di una opportuna verità o di una scelta non importante, che ricorda come nella vita c’è bisogno di non prendersi troppo sul serio.
Nel libro si coglie l’aspetto ludico-psicologico della Rapicavoli, che è inoltre riuscita a trasportare l’amore per il teatro dentro le pagine della sua fatica che apre il sipario all’esistenza stessa.
Maria Cristina Torrisi